giovedì 18 settembre 2008

Circa la paura

Nel suo saggio Danse Macabre, Stephen King mi ha spiegato i meccanismi dell'horror e quale sia il sottile fascino e l'attrazione del trovarsi spettatori di storie di paura. Non è qualcosa di malsano o disdicevole come potrebbero ritenere i benpensanti. Si tratta oviamente di un momento catartico, di rinascita, una specie di reset della mente che ci permette di "riallineare le nostre percezioni" (Tyler Durden docet). Insomma, tanti paroloni per dire che vedere un disgraziato inseguito da un mostro ci serve a sentirci meglio, ci permette di tornare al lunedì mattina in ufficio pensando che potrebbe andarci peggio. Si tratta del meccanismo che ha generato i miti del passato e che pervadeva i racconti fatti dai primitivi, di notte, di fronte al fuoco. Racconti di mostri, eroi, dei... gli stessi racconti dei boy scout, o che si fanno il venerdì sera alle feste, quando qualcuno comincia a parlare di fantasmi.



Sto leggendo uno dei Libri di Sangue di Clive Barker e mi sono imbattuto in una frase interessante che spiega come questo atteggiamento quasi vouyeristico dell'appassionato di horror nei confronti delle disgrazie altrui possa essere ribaltato per produrre un nuovo tipo di orrore. La frase è la seguente:


Non vi è piacere eguale alla paura finché appartiene a qualcun altro


Agghiacciante ma efficace. E purtroppo trova riscontro in molte manifestazioni del costume e della nostra società. Altrimenti non si spiegherebbe il successo di certi spettacoli televisi. Non serve scomodare gli snuff movie: basta pensare a Veline. Ieri sera ne abbiamo guardato un pezzo e il momento della selezione finale ha effettivamente un certo fascino. Non tanto la selezione in sé, quanto il fatto che attraverso lo schermo giungeva fino a noi la tensione - la paura - delle ragazze in gara. Eravamo attratti dalle sensazioni provate da queste ragazze e volevamo vedere come sarebbe andata a finire. C'erano tutti gli elementi di una storia dell'orrore: gente normale gettata in una situazione straordinaria (sopra-naturale), una bella protagonista (magari anche una scream queen) in abiti discinti, una prova da superare, l'imprevisto, la tensione dell'essere messi alla prova da qualcosa di ineluttabile e irraggiungibile, il dolore e la delusione degli sconfitti (le vittime) descritti e proposti nei minimi, spietati, particolari e il sollievo di chi, invece, ce la fa.


Amo le storie dell'orrore, ma esserne protagonista sarebbe... be', orribile.


Devo chiedere a Lidia (http://lidiahelene.blog.tiscali.it/) cosa ne pensa... potremmo scrivere un articolo a quattro mani da pubblicare su La Zona Morta, o magari da mandare a La Tela Nera o Horror Magazine.
Uhm... adesso che ci penso potrei chiederle quasi di scrivere una prefazione per il mio prossimo romanzo pubblicato. Perché pubblicherò un nuovo romanzo - io lo so, anche se il mio futuro editore ancora no.


E intanto?
Intanto sono stato a Radio Cernusco Stereo e ho parlato per più di trenta minuti di Legame Doppio, della mia vita e di come ho scritto questo romanzo. Certo, a detta di Alessandra Perrotta che mi ha intervistato la radio è piccina piccina, però trasmette anche in streaming (
www.rcs939.it) ed è sempre meglio di un dito in un occhio.
Soprattutto se il dito è artigliato e l'occhio è il mio.
Scherzi a parte, è stata una vera emozione, un momento unico e speciale e quando mi sono ritrovato di fronte a quel microfono...


che paura!

11 commenti:

  1. ..mi potresti provare a spiegarmi..a farmi capire perchè quando mi sento giù, solo un film di fantascienza o un horror, mi tira su, mi rilassa addirittura a volte; mentre altri film, soprattutto quelli che parlano della realtà mi fanno venire veri incubi!

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  2. ..scusa l'italiano correggiutolo! ho cancellato e non ho riletto! :-)

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  3. :)
    certo

    innanzitutto l'horror è evasione. Si tratta di una storia che sappiamo essere fittizia, di fantasia. Già questo meccanismo inconscio ci aiuta. Inoltre gli ostacoli che affrontano i protagonisti sono così grandi, così mostruosi, così terribili che, a meno di pessime scelte di casting, tendiamo a parteggiare per loro. Questo è un processo che trae origine dalla nostra memoria razziale: l'istinto del branco, il riunirci in gruppo contro i predatori che minacciavano la nostra esistenza, l'osservare rapiti il giaguaro che prende uno della tribù e sperare - pregare - che questi riesca a salvarsi. L'horror è una discesa attraverso un tunnel buio ma, per quanto mostruoso, tetro e terribile, il buio terminerà. Lo sappiamo. La parabola narrativa del racconto fa sì che già quando inizia, noi ci prepariamo mentalmente a contarne le fasi: inizio, presentazione dei personaggi, presentazione del problema, sfida, pausa, confronto e climax... concluisione. Anticipare questi momenti, inconsciamente, ci aiuta. Inoltre c'è il momento in cui la minaccia si manifesta. Questo ci serve è necessario (e infatti le storie più paurose sono quelle in cui il "mostro" non si vede), perché ci permette di esorcizzare le paure (non per niente i primitivi dipingevano i loro miti, rappresentavano i loro mostri e demoni). Identifichiamo, in questo modo, una figura che incarna la paura che abbiamo vissuto o a cui abbiamo assistito fino a quel momento. Questa figura - questo feticcio - verrà quindi affrontata. Non importa che venga sconfitta o meno. Il fatto stesso di assistere a qualcuno che la affronta, ci fa bene. Ci fa capire che non siamo i soli ad affrontare i problemi. E poi... poi la luce si riaccende. E andiamo a casa o a dormire. Abbiamo visto Alien gettato nello spazio, Faccia di Pelle restare senza vittime, gli Zombie rimangono a bocca asciutta. Il "mostro" è sconfitto. Le tasse, la vecchiaia, il lavoro... non ci fanno più paura, almeno per il momento: l'adrenalina e quelle immagini sono ancora con noi. Abbiamo visto qualcuno di piccolo affrontare il grande orco cattivo, dal suo esempio traiamo coraggio. Seguendo la narrazione abbiamo viaggiato sul carrello nella Casa degli Orrori e... e ne siamo usciti. Abbiamo di nuovo l'aria fresca sul viso e gli altri incubi (quelli quotidiani, senza volto, senza forma) possono aspettare almeno fino a domani. :)

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  4. Ottimo articolo, hai preso in pieno la questione.
    Non mi piace chi ridicolizza il genere horror riconducendolo solo a certi discutibili filmetti splatter.
    La paura è qualcosa di ancestrale, che repelle e attrae.
    Come dici bene tu, la letteratura ne è pervasa fin dall'invenzione della scrittura.
    Basta pensare quante divinità infernali avevano popoli come Sumeri, Assiri, Egizi...

    La "paura" che invece rende voyeur (tu ti riferisci a Veline, io citerei i tanti reality show) e più legata al gusto di vivere di riflesso le vite degli altri per paura (appunto) di vivere le proprie...
    In questo senso è una vera involuzione del genere umano.

    ciao,
    McNab-Ale

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  5. Interessante post. Anche io sono attratta dai libri horror/thriller. E anche io ad essere sincera, provo quella sensazione da spettatrice.
    Certo alcune volte provo a immedesimarmi nella povera vittima. E mi ritrovo a pensare magari "io però farei così, io reagirei cosà". Facile a dirsi! E... no, non vorrei esserne protagonista neanche io!
    A presto!

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  6. Vero, verissimo...

    e poi ci arrabbiamo perché vanno a investigare da soli
    al buio
    disarmati
    ...
    e poi muoiono
    o peggio :)

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  7. Cavolo a me non piace provare paura ma devo essere sincera che quando ho letto Legame Doppio mi è piaciuto provare quel brivido lungo la schiena ... l'importante è non essere sola in casa!

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  8. Grazie!
    Be', allora vuol dire che come romanzo ha funzionato :)

    ma poi lì, ti aiutava anche il gatto eh... maleficus

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  9. bello micio protettivo!..i gatti sono quelle strane creature, che come dice qualcuno..stanno un po' di qua e un po' di là...dimensionalmente parlando...dai...indovina questo!!

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  10. Constantine "Forti i gatti" ;)

    no-no, quello non era protettivo: quello vedeva gli spettri, proprio come in un certo romanzo di cui oooooops!!! Non dovevo dirtelo, scusa :P

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  11. ...uffa! devo trovare delle citazioni più difficili! :-)))

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