venerdì 19 giugno 2015

E venne la copertina... e il suo backstage


E venne la Bestia è un romanzo di genere fantastico, con forti elementi horror, in un'ambientazione reale e realistica (perché una parte è inventata, ma in modo plausibile). Non appena l'ho terminato ho avuto ben chiara in mente quale avrebbe dovuto essere l'immagine di copertina. Doveva essere la scena di pagina 46.

Con un romanzo così realistico, è stato chiaro per me anche come avrebbe dovuto essere realizzata questa copertina: una fotografia. Non avrei mai potuto avere questo tipo di copertina senza il grandissimo aiuto di due persone che hanno accettato di collaborare a questo progetto. A loro devo molto, anche perché, purtroppo, la realizzazione della copertina è partita senza alcun budget da parte mia - che non potevo permetterlo - e nessun budget da parte della casa editrice.

È il destino di un certo tipo di editoria, evidentemente: progetti creativi non possono avvenire se non gratuitamente. Sì, sono un po' amaro. Mi pesa, mi dispiace esser stato parte di questo meccanismo di favori e richieste a titolo gratuito, ma sono molto felice che Stefano Sibilia e Selene Feltrin abbiano accettato
Stefano come fotografo, Selene in quanto modella.

Ci siamo trovati a Milano, un sabato di settembre del 2014, per creare gli scatti da cui poi sarebbe emersa l'immagine di copertina per questo romanzo. È stata un'esperienza divertente. Io non mi intendo di fotografia e per me veder lavorare fotografo e modella è stato istruttivo. Stefano, professionale e attento, ha sperimentato inquadrature e soluzioni per soddisfare il concept della posa. Selene, invece, ha intepretato le diverse richieste, ma anche il "personaggio", unendo la sua bravura a un interesse personale: "lo faccio perché mi piace l'horror", mi aveva detto poche ore prima.

Io ho approfittato dell'occasione per scattare un po' di (brutte) foto di backstage, che propongo di seguito.


 
 


Grazie, ragazzi.

La Bestia ruggisce anche grazie a voi.
E ora la presento a Milano.


domenica 14 giugno 2015

E venne la presentazione: la Bestia a Oggiono


Sabato 13, alla libreria Liberamente di Oggiono si è tenuta la prima presentazione di E venne la Bestia.
È stato un momento interessante e divertente, amministrato dal bravo e capace Giovanni Corti, un libraio autore, un autore libraio. Attento e interessato lettore, mi ha posto domande precise, circostanziate. E signori... la sua è una libreria vera, una di quelle che tanto manca alla Valsassina e di come, anche a Milano, non se ne vedono più tante.
Grazie per la foto Roberto e Adriana. Giandomenico è quello a destra


La cosa che maggiormente mi ha colpito è stata la vastità di argomenti che abbiamo toccato. Temi che sono presenti nel romanzo. Una storia che non è possibile recludere nel gerere horror e nel tema del tentativo di sopravvivere del personaggi. C'è molto di più. E venne la Bestia è una storia d'amore, ma anche una vicenda di indagini. È un romanzo con un'importante sezione di azione e con incursioni da parte del sovrannaturale. C'è la narrazione in prima persona, gli inserti di taglio giornalistico, le trascrizioni di blog, pagine Web, interventi radiofonici e video. Ci sono pagine di diario. C'è sangue, violenza, intrigo, combattimento, amore, sesso, speranza, disperazione. C'è la (una) Valsassina. C'è Milano. Ci sono gli altri miei romanzi (con addirittura tre collegamenti a Legame Doppio) e citazioni cinematografiche.

È chiaro che non avrei mai potuto realizzarlo senza una legione di persone a cui va la mia gratitudine. Ci sono ben due pagine di ringraziamenti, a fine libro. Moltissimi amici mi hanno aiutato. Alcuni li ho ringraziati inserendoli nel romanzo come personaggi o comparse. Altri li ringrazierò di persona.
Selene Feltrin, felice di inzaccherarsi "per la causa"

Ci sono persone che per questo libro hanno fatto cose davvero "insolite".
I loro interventi, molteplici e multiformi, mi hanno permesso di realizzare un romanzo che in realtà è un mosaico sfaccettato di suggestioni che fanno parte del mio immaginario.

Si riparte. Prossima tappa Milano presso l'Hernry's Cafè di via Col di Lana. Chi dei miei creditori di gratitudine dovesse essere presente verrà ringraziato.

domenica 31 maggio 2015

E venne la Bestia: un romanzo pendolare

E venne la Bestia è il mio primo romanzo pendolare (non andrebbe contato in pagine, ma in chilometri). Ed è anche il libro che mi ha dimostrato quanto io sia insensibile nei confronti del prossimo…

Un romanzo "on the (rail)road"

Sono sempre stato un sostenitore del metodo creativo suggerito da Stephen King in On Writing: scrivi con la porta chiusa, rivedi con la porta aperta. Questo funziona benissimo se sei single, oppure se hai una casa con uno studio e una vita che ti permetta di isolarti. Funziona male se convivi in 29 metri mansardati e, per chiudere la porta, devi mettere fuori dalla camera da letto la persona che vive con te. Questo problema si è presentato spesso quando, con Simona, siamo venuti a vivere in Valsassina, in una casa di tre locali e 80 mq. Tuttavia, quando ci siamo trasferiti, io non lavoravo più da casa, ma a Cernusco sul Naviglio (Milano), come redattore per un settimanale: dovevo essere in redazione. Quasi ogni giorno. Avendo un romanzo (questo) in fase di stesura, e passando poco tempo a casa a parte i weekend e le notti, c’era un’unica soluzione: scrivere da pendolare (sì, intendo dire "in movimento").

Da Milano alla Valsassina 

Via Civitavecchi, incrocio con via Narni, Milano
E venne la Bestia deve molto a due realtà del mondo dei trasporti: Trenitalia (che ora si chiama Trenord) e ATM.
Grazie ai treni Lecco-Milano e Milano-Lecco, con relativi ritardi, convogli annullati e soppressi, blocchi delle tratte, nevicate epocali e scioperi, ho scritto moltissimo di questo romanzo tra Milano e la Valsassina.
E poi l’ATM: arrivare alla stazione Centrale e dover prendere la Linea Due fino a Cernusco, oppure Villa Fiorita, è un vero viaggio. Un’occasione d’oro per scrivere ancora, se trovi un posto libero. Certo, questo poi ha sollevato una questione con Simona: “Come è possibile che a casa tu debba chiudere la porta, se poi riesci a scrivere in treno o in metropolitana???”.
Semplice: in treno o in metropolitana posso escludermi – ossia, degli altri non mi interessa nulla – mentre in casa basta uno starnuto diverso dal solito per distogliermi. Esatto, degli altri viaggiatori non mi interessa nulla, o quasi. Che urlino, parlino al telefono, dormano o mangino, dammi due auricolari, la mia musica e almeno venti minuti di percorrenza e io ti butto giù mezzo capitolo.

Selene Feltrin e la coincidenza

Stefano Sibilia (quello in piedi ;) ) e Selene Feltrin
Al di là di questo, E venne la Bestia è un romanzo che è stato influenzato pesantemente non solo dagli spostamenti, ma anche dal territorio. Parla di Milano, parla della Valsassina, lo fa con gli occhi di chi si muove in questi luoghi, fisicamente, non solo in modo “letterario”. Come ogni bravo narratore che ci tenga a far bene il proprio lavoro, mi sono recato su (quasi) tutti i posti toccati dalla narrazione. Il luogo dove Sara subisce il suo incidente d’auto, l’incrocio da via Civitavecchia e via Narni, esiste davvero e l’ho battuto e studiato a fondo prima di descrivere la dinamica dell’evento.
È il romanzo scritto da un pendolare, che conosce bene i problemi di chi è costretto a spostarsi in questo modo per lavorare (e quando lo fa per un lavoro a progetto, precario, che lo lascia “a casa”, senza preavviso un giovedì mattina, c’è anche la vena horror - il vero horror, quello della vita di ogni giornosenza bisogno di inventarsi dei mostri).
Alla luce di queste considerazioni, quando un sabato di settembre del 2014 sono andato a incontrare Selene Feltrin per portarla a posare per la copertina del romanzo (con scatti realizzati da Stefano Sibilia), il destino aveva in serbo un altro scherzo. Selene, che in quel periodo era impegnata in diversi progetti (Frim: Il risveglio di Moloch e Sanguigna) arrivava da Legnano. A Milano.
Il fatto che il nostro incontro avvenisse tra l’ingresso della metropolita e l’uscita della stazione Garibaldi di Milano è sembrato fin troppo coerente con il resto.
E non era una “coincidenza”.


mercoledì 27 maggio 2015

Ciao, sono Christian: scrivo narrativa di genere e non me ne scuso

Nel corso di questo 2015 ho pubblicato due romanzi. Potrebbero essere tre prima della fine dell'anno. Oppure potrebbe esserci il contratto per il terzo. Fatto sta che in questi primi sei mesi sono usciti due miei nuovi titoli. Il primo è un romanzo di fantascienza militare (edito da dbooks.it), il secondo è un romanzo fantastico, drammatico, con una storia d'amore e di terrore, pubblicato da Il Ciliegio. Praticamente un terzo della mia produzione edita.

I Mastini di Muldon: Assalto alla Luna Ribelle
fantascienza militare sanguigna e tamarra
Per chi non l'avesse capito, mi piace la narrativa di genere. Mi piace il fantastico. Mi piace l'intrattenimento.
Datemi mostri, magia, tecnologia avveniristica, viaggi e avventure, lotte, passioni intensi e scenari mozzafiato: ci sguazzo. Oh, sì, ci sguazzo proprio.
Mi piace un sacco, anche se il mondo intorno a me guarda a tutto questo con aria di sufficienza, con distaccato sospetto, forse anche con disprezzo.

La riprova di questo l'ho avuta di recente, organizzando la presentazione per E venne la Bestia, il romanzo pubblicato con Il Ciliegio Edizioni: c'è chi ha cercato di farlo passare per un thriller. Ho ribattuto che non è un thriller, è un horror. Mi han detto che l'horror non piace, non attira, è meglio dire che si tratta di un thriller. Ho fatto notare che se facciamo una presentazione di un libro spacciato per thriller e poi la gente scopre che all'interno ci sono i mostri - no, non quelli veri delle pagine di cronaca - quelli che vengono dalla Narrativa di Genere (eh, sì: ci ho messo le maiuscole di proposito), potrebbero restarci male.

"I mostri? Ma come...?" mi han chiesto.
Be', sì: creature impossibili, terribili, sanguinarie. Esseri che ti fan gelare il sangue. Che se li vedi te la fai addosso.
Dopo un attimo di (imbarazzato) silenzio qualcuno mi ha domandato:
"Ma scrivere qualcosa d'altro?".

Be', non commenterò questa frase.
Ma in un mondo dove la cultura del fantastico non è riconosciuta come tale, chi la cerca, la vive, la legge, la scrive... e magari cerca di promuoverla, ecco, chi fa tutto questo viene visto con sufficienza. Tollerato, insomma. Quasi come se stesse facendo qualcosa di cui dovrebbe invece scusarsi.
Perché Polidori, Poe, Stoker... magari anche King, certo, vanno abbastanza bene. Ma guai ad avere un italiano, vicino di casa, uno che incontri in metrò o in coda alla cassa, che sotto i capelli e in mezzo alle orecchie hai i mostri. Guai!
Molto meglio restare ammantati di realtà: con gli ultrà che patteggiano con il governo, le pensioni d'oro, la corruzione, i politici arraffoni... meglio andare in chiesa la domenica mattina e bestemmiare la domenica sera. Ma almeno siamo persone per bene, accettabili dalla società.
Le altre... dovrebbero scusarsi.

Be', scusate... ma io non mi scuso.
E vi presento i miei mostri.

E venne la Bestia: un incubo d'amoretra Milano e la Valsassina


domenica 30 novembre 2014

Se un albero cade in una foresta...

Potrei essere un albero. Se lo fossi, sarei il protagonista di questo frase di natura fisica e filosofica che dice "Se un albero cade in una foresta ma non fa rumore, possiamo dire che sia caduto?".
In realtà, però, se io fossi QUELL'albero, non starei cadendo, ma crescendo. Se un albero cresce in una foresta ma nessuno lo sente, possiamo dire che sia cresciuto?
In effetti non sentiamo la crescita degli alberi, però ce ne accorgiamo quando sono cresciuti.
Be', sto crescendo. Come autore, intendo.

Ho completato un romanzo di fantascienza militare. Sto per veder pubblicare un romanzo scritto anni fa. Ne ho completato un altro molto importante cominciato appena a giugno (e terminato a ottobre). Quest'ultimo progetto, in particolare, potrebbe dare una bella scossa a tutto.
E nel frattempo mi sto occupando, dal punto di vista della scrittura, di tutte le attività complementari a essa. O meglio di quelle attività di cui ti devi occupare quando sei un piccolo autore e non hai un agente.
Per il romanzo di fantascienza militare, I Mastini di Muldon - Assalto alla luna ribelle, ho approntato e sto riempiendo un blog dedicato. A questo si affiancherà qualche altra iniziativa di cui parlerò prossimamente.

Per il romanzo che deve uscire - previsto per maggio 2015 - nei mesi scorsi ho visto all'opera due amici, un fotografo e una modella, che hanno realizzato lo scatto che diventerà la copertina del libro. È stato un momento speciale, unico e molto interessante, qualcosa che mi ha ricordato la creazione del booktrailer di Legame Doppio. Anche se questa volta non è stato girato alcun video.

È stato uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva farlo - e a te che l'hai fatto, e a te che l'hai immortalato, GRAZIE
 A questo punto non vedo l'ora che l'editore annunci l'uscita, così da poter pubblicare l'immagine di copertina ma, soprattutto, anche gli scatti di backstage: meritano davvero.





mercoledì 9 ottobre 2013

Che schifo la mosca nel piatto!

Gran parte di coloro che hanno la parola "scrittore" nel profilo di Facebook hanno una biografia che prevede la frase "scrivo praticamente da sempre". Io ho iniziato molto molto tardi. Certo, da bambino e ragazzino ho prodotto anche io le mie nefandezze. Ricordo un orrendo tentativo di scrivere fantascienza che in realtà scimmiottava pesantemente Guerre Stellari, un racconto presentato a scuola che era in realtà una scopiazzatura dell'episodio Generale tratto dal film L'occhio del gatto (di cui pubblico un estratto di seguito). Quando poi ho cominciato davvero, una delle cose che maggiormente mi ha aiutato è stato far parte di un gruppo di persone con gli stessi obiettivi. Ne ho già parlato in altri post di alcuni anni fa. Ci chiamavamo Il circolo dei narratori tenaci e quella esperienza mi ha insegnato ad apprezzare il confronto. Infatti ci siamo dedicati in quel periodo a quasi tutti i concorsi letterari che ci parevano adatti.


 


Questa dei concorsi e dei premi è un'esperienza che ogni autore dovrebbe provare. La figura romantica dello scrittore come artista che si strugge per creare la sua opera impiegano anche venti anni, senza mai piegarsi a limiti imposti dall'esterno, dal pubblico, dall'editore, è tanto anacronistica quanto improponibile in un settore che naviga in acque sempre più infestate da squali. A meno che uno non voglia scrivere solo per arrivare al Punto di fine romanzo e poi tenere il tutto nel cassetto. Confrontarsi con parametri esterni e diversi da quelli a cui siamo abituati o portati, come generi e temi lontani dai nostri, brevità di testo, incipit fissi oppure limiti di tempo (chi conosce il concorso Porsche 911 minuti?) è sempre stato fondamentale. Certo, tre su quattro dei Tenaci lavoravano e tuttora lavorano da svariati anni (circa 20) per riviste di vario tipo, dove la scrittura su commissione e i limiti di spazio sono la norma. Tuttavia la ritengo una cosa fondamentale.

Partecipare ai concorsi letterari è importante anche perché insegna ad avere cura del proprio testo. Tutti sanno sbrodolare una storia (no, non è vero, non tutti, ma molti). Ben pochi sono in grado di confezionarla in modo da rendere la lettura un'esperienza gradevole. Punteggiatura corretta, ritmo, assenza di ripetizioni, dialoghi naturali, ma anche distribuzione del testo, rientri e assenza di refusi.
Sembrano cose superflue?
Lasciate immediatamente questa pagina.

Non si può mai apprezzare davvero un testo pulito se non dopo averne dovuto valutare alcune decine in un concorso letterario aperto agli esordienti. La quantità di "sporcizia" che gli aspiranti autori sono in grado di riporre in un testo spesso taglia le gambe al loro componimento. Il fatto è che se anche la lettura normalmente è un rapporto uno a uno, in un concorso o in un premio il rapporto diventa uno a molti: un giurato-lettore per molti racconti. E il testa a testa è inevitabile. Parametro (per me) fondamentale è il rapporto con il lettore: presentagli un racconto "sporco" ed è come se offri un pranzo a qualcuno rovesciandoglielo per terra o mettendogli una mosca nel piatto. Avrai preparato le lasagne più buone del mondo, ma passa la voglia di mangiarle. Dopo decine di racconti "vestiti male", la cui lettura diventa difficoltosa, il giurato che dovesse incontrarne uno ben confezionato potrebbe mettersi comodo a gustarlo, offrirgli una chance in più e magari sorvolare su qualche imprecisione. Mica poco, a pensarci bene.

Anonima Assassini 2006, l'antologia
di Orme Gialle. Ehi, ci sono anche io!
Alla cerimonia di premiazione del concorso Orme Gialle del 2006 (vinto dalla bravissima Barbara Baraldi, vale la pena ricordarlo) ho sentito i giurati parlare proprio di questo. Un discorso che mi ha colpito. Ricordo che qualche tempo dopo mi sono imbattuto in queste regole, un decalogo realizzato dalla redazione di Concorsi-letterari.it: si può consultare seguendo questo link.
Spettacolare.

L'esperienza di Altrisogni, la valutazione dei racconti, le varie presenza in giuria per alcuni concorsi letterari non hanno fatto altro che confermare e rafforzare la convinzione: la tua arte non vale niente se non hai rispetto per chi deve leggerla. Questo ci ha portato a realizzare uno dei post più visti (e controversi, bisogna dirlo) di tutta la storia del blog di Altrisogni: eccolo.
Tutto questo per dire che ho sempre creduto nei limiti, nei parametri, negli schemi e nella pianificazione. Nel fare il proprio lavoro. Da artigiani, con passione. I concorsi e le selezioni sono fondamentali.

Forse anche per questo continuo a partecipare.
Sto aspettando il responso di un concorso per racconti.
Sto per cominciare l'editing di un racconto valutato positivamente per la pubblicazione da parte di un editore.
Sto attendendo responsi per due romanzi che bussano alla porta degli editori.
E ho ricevuto un'interessante telefonata che sebbene non abbia ancora aperto una porta, mi ha almeno indicato la porta a cui bussare. E cavoli, è una bellissima porta.

Rimane la parte più difficile di sempre: aspettare. 






lunedì 23 settembre 2013

Scrivere fantascienza: operazione pathfinder

Chi scrive fantastico si trova a dover affrontare una questione che viene invece risparmiata agli autori di quella narrata che non si discosta dalla realtà. Si tratta di una questione legata all'ambientazione e al fatto che sebbene la fantasia pare spesso essere infinita, in realtà tendiamo a percorrere sentieri già tracciati da qualcun altro. Anche come autori, se troviamo una pista che corre in mezzo alla savana dell'invenzione, alla jungla del fantastico, siamo spesso tentati di seguirla.
Almeno per un po'.

Certi elementi caratteristici di un setting hanno ripercussioni su tutto l'impianto sociale dell'ambentazione stessa. Pensiamo al sistema economico di una nazione e a come ne influenza la cultura (rivoluzione industriale, socialismo, ecc.). Oppure a una scoperta scientifica e alle ripercussioni sui costumi di un popolo (vaccini, televisione, ecc.). Chi scrive in ambientazioni contemporanee ha molti riferimenti pronti all'uso. Chi si dedica al fantastico, invece, deve spesso inventare di sana pianta e poi pensare alla catena di conseguenze, una vera cascata di effetti, che vanno a impattare sul resto della sua ambientazione. Tuttavia l'autore di fantastico può contare su una serie di riferimenti culturali molto forti e presenti. Veniamo da decenni di televisione, leggiamo (si spera) romanzi di "colleghi" e autori capostipite dei generi che scegliamo, seguiamo fumetti, cartoni animati, film e arte dedicata agli argomenti che amiamo (e se non lo facciamo stiamo commettendo un grave errore). Tutte queste fonti, per quanto siano da una parte un grande aiuto, dall'altra costituiscono un tracciato di riferimenti che "limitano" le nostre possibilità. Tanto che certe volte quello che scriviamo sa di "già visto".
Faccio qualche esempio.
Immaginiamo un setting di fantascienza, dove l'Uomo è l'unica specie intelligente fino a quando non incontra una razza di parassiti cosmici... nah, già visto. Il vuoto tra le stelle: l'Umanità lo attraversa con astronavi capaci di piegare lo spazio e così percorrere... no, già usato. Ok, allora le navi compiono dei balzi... niente da fare, poco originale. Va bene, gli astronauti entrano in ibernazione per poter sopravvivere... ci risiamo. Insomma, il punto è che qualcuno, probabilmente, l'idea che vogliamo usare l'ha già scritta. E scriverla di nuovo può sembrare una scopiazzatura.

E le idee migliori sembrano essere già prese!
Imperi che coprono galassie intere, check.
Pianeti capitale trasformati in colossali apparati burocratici, check.
Corporazioni economiche che dominano la popolazione, check.
La tecnologia è andata perduta e torna sotto forma di religione, check.
L'Uomo vive in colonie spaziali che si ribellano al dominio della Terra, check.
Insomma, queste piste in mezzo alla savana sembrano essere tutte minate. Come fare?

Bisogna percorrere una strada insidiosa, probabilmente. Difficile. Quella dell'omaggio, della citazione. Quella del "prendere l'idea di qualcun altro e mantenerla senza arrivare al plagio ma inserirla in un contesto differente". Bisogna lavorare sodo, insomma.
Praticamente dobbiamo percorrere la pista tracciata da qualcun altro, come un esploratore, una guida, un pathfinder, a volte dando colpi di machete perché certe cose ingombrano e ostacolano, altre volte aprendo nuovi percorsi (per poi magari scoprire che stiamo solo liberando un sentiero già tracciato da erbacce e arbusti). Serve però il rispetto per il sentiero che si percorre, non possiamo asfalto e aprirci una stazione di servizio. Men che meno riempirlo di rifiuti o dargli abusivamente il nostro nome. Dobbiamo conoscere la materia.

Nei romanzi di Ian Douglas della serie Star Carrier ci sono moltissimi elementi provenienti da altre saghe, tutti usati e riutilizzati ottimamente. Raccontandone la trama a un amico ho scoperto quanto fosse ricca di citazioni e cose "già viste". Eppure la scrittura di Douglas, la sua struttura narrativa e la sua inventiva hanno riplasmato elementi noti in una forma nuova.
Usiamo gli elementi creati a altri come mattoncini del Lego, fa facciamo qualcosa di nuovo. Qualcosa di nostro.
Me ne sono reso conto - sulla mia stessa pelle - scrivendo il romanzo di fantascienza militare che sto ultimando. Per forza di cose ho dovuto imbattermi in elementi già narrati, giù usati. Con umiltà ho cercato di prenderli e riutilizzarli. Ho percorso la pista tracciata da qualcun altro, attento a dove mettevo i piedi, ma anche attento a non sporcare.
Vedremo dove mi porta.

Intanto... be', intanto succedono cose varie. Idee in ebollizione, progetti che si strutturano, lavori. E qualche novità. Al momento è ancora presto per svelarla, ma mi piace l'idea di lasciare qualche indizio...