lunedì 23 settembre 2013

Scrivere fantascienza: operazione pathfinder

Chi scrive fantastico si trova a dover affrontare una questione che viene invece risparmiata agli autori di quella narrata che non si discosta dalla realtà. Si tratta di una questione legata all'ambientazione e al fatto che sebbene la fantasia pare spesso essere infinita, in realtà tendiamo a percorrere sentieri già tracciati da qualcun altro. Anche come autori, se troviamo una pista che corre in mezzo alla savana dell'invenzione, alla jungla del fantastico, siamo spesso tentati di seguirla.
Almeno per un po'.

Certi elementi caratteristici di un setting hanno ripercussioni su tutto l'impianto sociale dell'ambentazione stessa. Pensiamo al sistema economico di una nazione e a come ne influenza la cultura (rivoluzione industriale, socialismo, ecc.). Oppure a una scoperta scientifica e alle ripercussioni sui costumi di un popolo (vaccini, televisione, ecc.). Chi scrive in ambientazioni contemporanee ha molti riferimenti pronti all'uso. Chi si dedica al fantastico, invece, deve spesso inventare di sana pianta e poi pensare alla catena di conseguenze, una vera cascata di effetti, che vanno a impattare sul resto della sua ambientazione. Tuttavia l'autore di fantastico può contare su una serie di riferimenti culturali molto forti e presenti. Veniamo da decenni di televisione, leggiamo (si spera) romanzi di "colleghi" e autori capostipite dei generi che scegliamo, seguiamo fumetti, cartoni animati, film e arte dedicata agli argomenti che amiamo (e se non lo facciamo stiamo commettendo un grave errore). Tutte queste fonti, per quanto siano da una parte un grande aiuto, dall'altra costituiscono un tracciato di riferimenti che "limitano" le nostre possibilità. Tanto che certe volte quello che scriviamo sa di "già visto".
Faccio qualche esempio.
Immaginiamo un setting di fantascienza, dove l'Uomo è l'unica specie intelligente fino a quando non incontra una razza di parassiti cosmici... nah, già visto. Il vuoto tra le stelle: l'Umanità lo attraversa con astronavi capaci di piegare lo spazio e così percorrere... no, già usato. Ok, allora le navi compiono dei balzi... niente da fare, poco originale. Va bene, gli astronauti entrano in ibernazione per poter sopravvivere... ci risiamo. Insomma, il punto è che qualcuno, probabilmente, l'idea che vogliamo usare l'ha già scritta. E scriverla di nuovo può sembrare una scopiazzatura.

E le idee migliori sembrano essere già prese!
Imperi che coprono galassie intere, check.
Pianeti capitale trasformati in colossali apparati burocratici, check.
Corporazioni economiche che dominano la popolazione, check.
La tecnologia è andata perduta e torna sotto forma di religione, check.
L'Uomo vive in colonie spaziali che si ribellano al dominio della Terra, check.
Insomma, queste piste in mezzo alla savana sembrano essere tutte minate. Come fare?

Bisogna percorrere una strada insidiosa, probabilmente. Difficile. Quella dell'omaggio, della citazione. Quella del "prendere l'idea di qualcun altro e mantenerla senza arrivare al plagio ma inserirla in un contesto differente". Bisogna lavorare sodo, insomma.
Praticamente dobbiamo percorrere la pista tracciata da qualcun altro, come un esploratore, una guida, un pathfinder, a volte dando colpi di machete perché certe cose ingombrano e ostacolano, altre volte aprendo nuovi percorsi (per poi magari scoprire che stiamo solo liberando un sentiero già tracciato da erbacce e arbusti). Serve però il rispetto per il sentiero che si percorre, non possiamo asfalto e aprirci una stazione di servizio. Men che meno riempirlo di rifiuti o dargli abusivamente il nostro nome. Dobbiamo conoscere la materia.

Nei romanzi di Ian Douglas della serie Star Carrier ci sono moltissimi elementi provenienti da altre saghe, tutti usati e riutilizzati ottimamente. Raccontandone la trama a un amico ho scoperto quanto fosse ricca di citazioni e cose "già viste". Eppure la scrittura di Douglas, la sua struttura narrativa e la sua inventiva hanno riplasmato elementi noti in una forma nuova.
Usiamo gli elementi creati a altri come mattoncini del Lego, fa facciamo qualcosa di nuovo. Qualcosa di nostro.
Me ne sono reso conto - sulla mia stessa pelle - scrivendo il romanzo di fantascienza militare che sto ultimando. Per forza di cose ho dovuto imbattermi in elementi già narrati, giù usati. Con umiltà ho cercato di prenderli e riutilizzarli. Ho percorso la pista tracciata da qualcun altro, attento a dove mettevo i piedi, ma anche attento a non sporcare.
Vedremo dove mi porta.

Intanto... be', intanto succedono cose varie. Idee in ebollizione, progetti che si strutturano, lavori. E qualche novità. Al momento è ancora presto per svelarla, ma mi piace l'idea di lasciare qualche indizio...


5 commenti:

  1. Eh, per il romanzo di cui parlo ci vorrà ancora un po'. Dovrebbe uscire un racconto a relativamente breve. E poi ci sono due romanzi che girano per editori. Vediamo...
    grazie del following, intanto :)

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  2. In Texas c'erano due ristoranti, uno di fronte all'altro. Il cibo era buono da ambedue, la cordialità era la medesima. Si sono fatti un po' di concorrenza sui prezzi. Alla fine ha vinto quello che ha chiesto ai dipendenti di parcheggiare le loro auto non dietro il locale ma nel parcheggio del ristorante che dava sulla strada.

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  3. Scusa, il sonno mi obnubila e non sono mai stato un discepolo perspicace. Non riesco a trovare l'insegnamento in questa parabola :P Vuoi dire che alla fine a vincere è chi ha più promozione?

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  4. Esatto. Non sei obnubilato. I clienti andavano a mangiare da quello con più auto ragionando come segue: "più auto = più clienti = si mangia meglio". Quando guardo un blog e mi scappa l'occhio sui follower anch'io ne vengo subito traviato e penso: "guarda in quanti lo seguono! Quindi sarà un grande". Il che molto spesso non è vero. Diceva un famoso editore americano: "Boudelaire? Chi è costui? E quante copie ha venduto?"

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