mercoledì 9 maggio 2012

Che spettacolo la serialità

Da qualche tempo ho cominciato un nuovo progetto di scrittura. È nato quasi due anni fa, quando una serie di notizie dall'Oceano Indiano in merito alla questione dei Pirati Somali mi aveva portato a pensare come le grandi compagnie avrebbero potuto affrontare questo problema.

All'epoca espertimento di scrittura, il primo racconto Black Spear è nato e cresciuto nel giro di alcuni giorni. Spedito alla collana editoriale più adatta - Segretissimo - non ha mai ottenuto nessun riscontro. Tempo dopo, grazie all'interessamento di Stefano Di Marino, quel racconto è approdato sulle pagine del secondo numero 2 di Action con il suo titolo originale: Double Tap.

Double Tap è la punta di un iceberg narrativo. È nato come un racconto, ma anche come una piattaforma di collaudo per un'intera ambientazione, quella della squadra Black Spear. Ne parlerò in modo più ampio prossimamente. Qui mi preme dire che il setup di Black Spear è solo l'ultimo passo di un percorso nato vent'anni fa, con la creazione e preparazione di mondi e campagne per i giochi di ruolo e con i processi di worldbuilding per le ambientazione delle storie che ho scritto in tutti questi anni.

Black Spear nasce con l'idea di essere una serie. Possibilmente di romanzi, per il momento solo di racconti.
Questo significa che i personaggi sono studiati per evolversi - o involversi, nel senso che potrebbero anche andare in contro alla propria fine, perché no? In fondo è una serie pensata con un approccio fortemente realistico - e la squadra stessa potrebbe/dovrebbe cambiare e modificarsi nel corso del tempo. Il fatto è che scrivere con la serialità in mente è qualcosa che mi appassiona. Ho letto molto racconti di qualità con personaggi interessanti, concepiti con il taglio del one-shot. E ho sempre pensato "che peccato!". Certo, capisco bene che molti narratori possano trovare piacere dal cimentarsi in storie singole, con la chiara idea di non continuarle. Ma io non ci riesco. Mi piace pensare in grande. Forse anche perché il mio approccio non è solamente quello di scrivere per il piacere di farlo, ma anche farlo con l'impegno e il desiderio di farne qualcosa di professionale. E quindi l'idea è quella di proporre progetti strutturati e concepiti con l'idea della longevità e fidelizzazione del lettore Sì, sono anche io una vittima delle serie televisive, che ci posso fare? E so, per esempio, che non riuscirei a essere soddisfatto di un solo episodio nella vita di Vic Mackey, Jack Bauer, Kara Thrace o Jonas Blane.

Ne ho parlato tempo fa con Vito. La serialità è forse una malattia, che ti prende e non ti lascia più. E allora, in attesa del secondo racconto della serie Black Spear, dal titolo La notte dei figli perduti, in uscita imminente sulle pagine di SAS 53 - Il padrone delle rondini, per Segretissimo di Mondadori, mi sono cimentato mesi fa in Il piccolo sole di Tblisi e, recentemente, in Gambetto a Marrakech.E non finisce qui.

Engaging... Kryss, out.

1 commento:

  1. La serialità è una gran bella malattia :) E fai benissimo a coltivarla nelle tue opere, perchè sei in grado di farla funzionare pienamente. Come sai, anche a me viene spontaneo pensare a storie e personaggi serializzabili. Quello della seralità è proprio un modo di pensare e vivere la narrazione che penso sia ormai radicato profondamente dentro di noi. Sarà perchè da ragazzini siamo stati fortemente influenzati da serie televisive e cartoni animati...

    Posso dire che sto aspettando con trepidazione il numero di Segretissimo SAS 53 e che non vedo l'ora di leggere nuovi racconti della squadra Black Spear.
    Keep up the good work!

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